La F.U.C.I., Federazione Univesitaria Cattolica Italiana, nata nel 1896 dall’unione di circoli universitari cattolici esistenti in alcune città d’Italia, è una aggregazione ecclesiale di gruppi di studenti universitari che, negli anni dello studio e della formazione, vogliono percorrere insieme un cammino di fede e di crescita culturale, vivendo un’esperienza di Chiesa nel solco della tradizione centenaria della Federazione

sabato 17 marzo 2012

incontro 15 marzo 2012


Potere e controllo sociale: da Durkheim a Bourdieu

Introduzione: Potere e controllo sociale
Il concetto di potere nasce a partire da classici della sociologia come E. Durkheim e M.Weber i quali, seppur con modalità diverse, lo vedono alla base del sociale, dello stare insieme degli individui, e, di fatto, di ogni relazione. In particolare, esso non è una semplice categoria statica, bensì un processo, che permette l’ equilibrio all’interno del sistema sociale in una visione organicistica dello stesso(la società al pari degli organismi biologici funziona se vi è una perfetta integrazione tra le parti) ,tipica della filosofia positivista e della sociologia “macro” di Durkheim. Esso è a sua volta suddivisibile in “controllo sociale come interdipendenza” ovvero l’autocontrollo del sistema o del gruppo sociale dato dall’interiorizzazione delle norme morali e delle istituzioni e il “controllo sociale come dipendenza”, che riprende più da vicino l’accezione comune di potere, che prevede una relazione asimmetrica tra le parti in cui alcuni lo posseggono ed altri devono subirlo. In definitiva il controllo sociale è alla base della solidarietà tra gli individui e permette che la società non si sfaldi o precipiti nel caos. Per Durkheim dunque esso ha sì una funzione coercitiva, ma è il prezzo da pagare del vivere insieme, e tale coercizione inoltre non viene avvertita dagli individui perché entro quelle norme sono stati cresciuti e socializzati.
Max Weber, più interessato a studiare l’agire sociale, ovvero le azioni individuali rivolte all’altro, si preoccupa più da vicino dell’analisi di come tale potere viene acquisito ed esercitato. Occorre fare attenzione a come esso assuma una valenza positiva nell’ottica di Weber, il quale lo distingue da un altro concetto, quello di potenza. Ora se a quest’ultima manca la legittimità e consiste semplicemente nell’imporre, anche con la forza, la propria volontà, indipendentemente dal consenso dell’altra parte il potere si caratterizza proprio per la sua legittima origine, ovvero il riconoscimento del potere stesso. Esso poi può avere provenienza diversa(tradizionale, carismatico, legale-razionale), può essere posto in discussione in maniera più o meno semplice e frequente, ma alla base vi è questa liceità.
Certo, soprattutto nelle società avanzate si pone allora il problema del consenso rispetto a tale potere e di come esso possa essere ottenuto. La visione della Scuola di Francoforte, che vede la società di massa in balia di mass media potentissimi capaci di manipolare individui privi di altre difese, appare a molti superata e smentita da numerose ricerche empiriche. Altri studiosi hanno quindi affrontato la questione, tra questi Pierre Bordieu.
L’interpretazione della modernità di Pierre Bourdieu: violenza simbolica e legittimazione del dominio.
Pierre Bourdieu(1930-2002), filosofo e sociologo francese legato al marxismo e allo strutturalismo ma di fatto portatore di un pensiero ecclettico e che cerca di abbattere i dualismi e le divisioni intellettuali, affronta la questione del potere elaborando il concetto originale di “violenza simbolica”, definita come
“quella forma di violenza che viene esercitata su un agente sociale con la sua complicità[…], chiamo “misconoscimento” il fatto di accettare quell’insieme di presupposti fondamentali, preriflessivi, che gli agenti sociali fanno entrare in gioco per il semplice fatto di prendere il mondo come ovvio, e di trovarlo naturale così com’è perché vi applicano strutture cognitive derivate dalle strutture di quello stesso mondo. Dal momento che siamo nati in un mondo sociale accettiamo un certo
numero di postulati, di assiomi, che vengono assunti tacitamente e che non hanno bisogno di venire inculcati […]. Di tutte le forme di persuasione occulta la più implacabile è quella esercitata dall’ordine delle cose.”
Il mondo attuale, per Bourdieu palesemente fondato sull’ingiustizia, può essere perpetuato senza che ne venga messa in questione la propria legittimità proprio in forza dell’utilizzo da parte dei gruppi dominanti delle “risorse simboliche” e non della violenza e della coercizione.
“il nuovo modo del dominio sostituisce la repressione con la seduzione[…]e ottiene l’integrazione delle classi dominanti più con l’imporre bisogni che inculcando norme.”
Il primo passo per ottenere questo “tacito assenso ”è la giustificazione dell’ordine sociale esistente, che viene incorporato dall’”habitus” degli individui(altro concetto chiave nella sociologia di Bourdieu che indica quell’insieme di disposizioni interiorizzate che ha il compito di mediare tra le strutture sociali oggettive e le pratiche dei soggetti, e di “sintetizzare” il rapporto tra esterno ed interno in quanto “strutture strutturanti”)al fine di assicurare una concordanza tra le strutture cognitive degli individui e le strutture sociali. La legittimazione del potere affonda le sue radici, dunque, proprio nei comportamenti e nelle disposizioni considerate naturali e che invece sono per Bourdieu costruite politicamente; il sodalizio tra strutture sociali e strutture cognitive si configura così come “una delle più solide garanzie di dominio sociale”. In questo modo infatti è possibile ottenere la violenza simbolica a cui accennavo prima, quella che prevede l’accettazione e la collaborazione da parte dei dominati, reso possibile dal fatto che questi ultimi dispongono soltanto delle strutture cognitive che hanno in comune con i loro dominatori, motivo per il quale appunto il rapporto appare come “naturale”. Le strutture cognitive non si limitano a descrivere la realtà sociale bensì la costruiscono.
Lo studio di Bourdieu si concentra dunque sul cercare di comprendere come tale perpetuazione del potere e dei sistemi simbolici sia possibile ed individua uno dei maggiori fattori nella scuola e nell’educazione. Secondo lo studioso la scuola è infatti l’istituzione centrale delle società moderne, in quanto portatrice di controllo nell’allocazione dei privilegi, e con funzione di perpetuare e riprodurre i sistemi dominanti attraverso cui viene esercitato il potere simbolico, “santificando” le divisioni sociali. Al contrario di quello che è il suo intento dichiarato, ovvero quello di promuovere la mobilità sociale, il sistema educativo contribuisce a sancire e trasmettere tra le generazioni differenze e distinzioni fornendo ai discenti un capitale culturale che definisce e legittima l’ordine sociale esistente.
La riproduzione agisce a tre livelli: conservando l’eredità culturale, riproducendo i rapporti sociali tra le classi, e legittimando l’eredità culturale che trasmette. Per mezzo di un tale effetto di naturalizzazione la stratificazione sociale viene legittimata e riprodotta.
C’è da aggiungere poi che tale naturalizzazione interviene anche in molti altri ambiti, anche insospettabili, come il gusto estetico, gli stili di vita o l’economia. ”Banca centrale del capitale simbolico” è lo Stato, ovvero è il luogo in cui si concentrano tutti gli altri tipi di capitale(economico, sociale, culturale)che permettono di ricavare come profitto principale questo dominio, in tutti i campi. L’esercizio del dominio simbolico è reso possibile dal fatto che lo stato non esiste solo ”là fuori”, bensì è dentro di noi nella forma delle categorie mentali con le quali interpretiamo il mondo(acquisite mediante il processo educativo di socializzazione) e che sono in realtà frutto della costruzione sociale(e cognitiva)operata dallo stato.(es.Famiglia).
A fronte di queste ed altre riflessioni che rendono il lavoro intellettuale e di ricerca empirica di Bourdieu vastissimo, enigmatico e talvolta non privo di contraddizioni, egli vede la scienza sociale come quella deputata a “smascherare” queste strutture di potere attraverso una “denaturalizzazione” dei concetti propri di ogni realtà sociale, ma che di naturale non posseggono niente essendo costruite da coloro che detengono porzioni di capitale, ed in particolare da coloro che sono messi in grado di esercitare il dominio simbolico. Questo è possibile solo esercitando un continuo dubbio radicale riguardo alla realtà sociale, ed una riflessività epistemologica forte per evitare che anche la disciplina sociologica venga imbrigliata in queste relazioni di potere, venendo quindi meno il suo potere di disvelamento.
Chiara Tomei

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