La F.U.C.I., Federazione Univesitaria Cattolica Italiana, nata nel 1896 dall’unione di circoli universitari cattolici esistenti in alcune città d’Italia, è una aggregazione ecclesiale di gruppi di studenti universitari che, negli anni dello studio e della formazione, vogliono percorrere insieme un cammino di fede e di crescita culturale, vivendo un’esperienza di Chiesa nel solco della tradizione centenaria della Federazione

sabato 20 novembre 2010

incontro dell'11 ottobre 2010

DIRITTO E LIBERTA’


Prenderò in esame il diritto penale, in particolare i reati di omicidio (art. 575 c.p.), omicidio del consenziente (art. 579 c.p.), istigazione o aiuto al suicidio (art. 580 c.p.), il problemi del suicidio e dell’eutanasia, nonché le conseguenze giuridiche del contagio da virus HIV.
Prima di tutto, ciò che emerge dal nostro ordinamento, è l’assoluta indisponibilità della vita umana. Cardine di questa previsione non scritta, è certamente la disposizione relativa all’omicidio volontario. Anche la disposizione dell’omicidio del consenziente ribadisce questa impostazione, prevedendo però il consenso all’uccisione della propria persona, come caratteristica in grado di influenzare grandemente il trattamento sanzionatorio nei confronti del colpevole. Ecco che dal minimo di ventuno anno sanciti dall’art. 575, si passa alla forbice da sei a quindici dettata dall’art. 579. Il consenso, per rilevare, deve presentarsi inoltre come personale, reale, ponderato e attuale.
Passando sul versante del suicidio, il nostro ordinamento non incrimina la sua forma tentata. Si prevede però la disposizione dell’art. 580 (istigazione o aiuto al suicidio), capace di conciliare il suddetto tentato suicidio con il fondamentale principio dell’indisponibilità della vita umana. Il comportamento incriminato è proprio di colui che partecipa in modo fisico (predisponendo i mezzi) o psichico (influenzando fortemente la volontà) all’altrui proposito suicida. Se a questo punto colleghiamo quanto detto con l’art. 32, comma 2, Cost. (non esiste nessun obbligo di trattamento sanitario, se non per espressa disposizione di legge), risulta chiaro che, nel caso in cui tra il proposito di porre fine autonomamente alla propria vita, e la sua realizzazione pratica, non interviene alcun soggetto (se non, è chiaro, il titolare stesso della vita), l’ordinamento non trova ragione per attivarsi, rispetta la libertà personale dell’agente. Viceversa, se il processo di formazione della volontà suicida è accompagnato o formato da un intervento esterno, ecco allora che subentrano le disposizioni di carattere penale.
Lo stesso articolo della Costituzione fonda la legittimità dell’eutanasia passiva consensuale (sospensione di un trattamento che mantiene in vita il paziente, con l’assenso dello stesso). Per quanto riguarda invece l’eutanasia attiva (soppressione della vita umana con un comportamento attivo), evidentemente, non esistendo alcuna normativa la riguardo, si tratta di omicidio volontario.
Infine, riguardo alle conseguenze del contagio da virus HIV, elemento fondamentale torna a essere il consenso. Il portatore di AIDS, consapevole del proprio stato, deve informare i possibili partners della sua “malattia”, e ottenere il consenso per il compimento di atti sessuali, In questo caso, egli sarà non incriminabile, qualora successivamente si verifichi il contagio. Il comportamento che lo provoca non può certo rientrare nelle percosse (art. 581 c.p.); integrerà il delitto di lesioni (art. 582 c.p.) solo quando l’infezione raggiungerà il grado di AIDS conclamato. Da questa lesione, seppure a distanza di tempo, potrebbe derivare la morte.
Ricapitolando: morte come conseguenza del reato di lesione, e applicazione quindi dell’art. 584 c.p. (omicidio preterintenzionale). Quanto detto è assolutamente valido, mancando una disciplina legislativa adeguata.



Riassunto di Stefano Nannini

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